Permesso retribuito del lavoratore e animale d'affezione. Featured
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La Suprema Corte di Cassazione dispone come vi sia il diritto di godere di permessi retribuiti in favore del lavoratore per accudire gli animali di affezione.
Il caso concreto si articola nella richiesta di due giorni di permesso retribuiti, su istanza di una dipendente della Università degli Studi di Roma, La Sapienza, al fine di curare e accudire la propria cagnolina, un setter inglese di circa 12 anni, che doveva subire un intervento chirurgico.
In un primo momento tali permessi furono rifiutati.
Successivamente è stato fatto presente, al datore di lavoro, come il fatto di non predisporre l’intervento chirurgico in favore del setter avrebbe potuto integrare a carico del richiedente i permessi, ipotesi delittuose di abbandono e maltrattamento di animali.
Questa giurisprudenza della Cassazione, in particolare, rispetto alla contravvenzione ex Art.727 c.p. identifica la fattispecie di abbandono di animali nel comportamento colposo integrato nell’incuria e nell’abbandono che offendono la sensibilità psicofisica degli animali (Cass. Sez. III nr. 6122/1990 ).
Interessante è la prospettazione, da parte del Giudice di legittimità, della natura di essere senziente dell’animale d’affezione.
Tale sensibilità è oggetto di specifica tutela indipendentemente dalla posizione soggettiva e dal patimento del proprietario dell’animale.
La Suprema Corte delinea una prospettiva culturale nel porre al centro del sistema la figura dell’animale come essere portatore di diritti propri.
La menzione di questi assetti giurisprudenziali resi ostensibili al datore di lavoro ha permesso alla lavoratrice di godere dei due giorni di permesso retribuiti senza necessità di adire la magistratura.
Si tratta a nostro avviso di un passo avanti rilevante nella considerazione dei diritti degli animali.
Avv. Mario Cevolotto